Gao Bo
Portrait of Tibet
a cura di Gianuca Ranzi
ArteA Gallery presenta la prima mostra personale milanese di Gao Bo, tra gli artisti cinesi più rinomati a livello internazionale. Attivo fin dalla fine degli anni novanta, Gao Bo appartiene a una generazione di artisti cinesi che hanno fatto del loro paese uno dei luoghi cardine per la ricerca artistica contemporanea e lo sviluppo dei nuovi linguaggi.
Oggi residente in Francia, Gao Bo espone diversi lavori, tipicamente caratterizzati dal suo approccio multimediale che include fotografia, neon, intervento manuale, colore e persino il suo stesso sangue. Le opere esposte fanno parte del suo ciclo più noto, che riguarda il Tibet e la sua gente, l’incontro e il dialogo con la particolarità di un popolo con la sua propria autonoma identità e le sue tradizioni culturali.
Emerge in queste opere il nomadismo culturale e l’empatia che hanno portato Gao Bo fin dall’età di vent’anni a girare in lungo e in largo non solo in Tibet e in Cina, ma anche per le più varie rotte del mondo.
Nato nella cui provincia dello Szechuan nel 1964, Gao Bo non nel suo viaggiare e nella sua opera non verifica ipotesi, non cerca conferme, ma si comporta come un testimone che tiene gli occhi ben aperti, che rincorre l’altro in quanto inesauribile fonte di ricchezza e di differenza, senza mai farne un asettico oggetto di studio, ma considerandolo sempre e principalmente come un soggetto con cui dialogare e con cui confrontarsi.
Spontaneo è quindi il mondo che trapela dalle opere di Gao Bo e la sua attitudine di fotografo, come avviene davanti all’obiettivo dei Tibetan Portraits del 1995, di cui tre esemplari sono in mostra. Le pietre su cui Gao Bo dipinge i tratti dei volti tibetani costituiscono invece il materiale su cui si basa il portfolio A thousand silent prayers del 2023. Due volti non potranno mai essere uguali, così come nessuna pietra potrà mai essere identica ad un’altra.
La lavorazione delle opere di Gao Bo ricorda un campo d’azione spontaneo e vitale, ideale per favorire l’incontro tra il soggetto e l’altro da sé: l’inchiostro movimenta e increspa le superfici di gestualità, il neon le illumina di bagliori inaspettati, l’inchiostro le innerva di vita, di tensione e di dramma, e infine le scritte alternano il francese a una lingua inventata dall’artista, un inedito esperanto che unisce caratteri latini, cinesi e tibetani, così come nei neon bianchi che illuminano le superfici dei Writings from Himalaya del 2023.
La lingua fondere così diverse anime, senza ritenere il potere di sopraffazione e di controllo che la storia umana ha fatto confluire in essa: la lingua dei dominatori imposta sui dominati, la lingua dei vincitori che schiaccia gli idiomi locali, la lingua dei conquistatori che diviene strumento di repressione colonialista, religiosa e politica ed economica.
Empatia, nomadismo culturale e reciprocità sono anche i temi che affiorano in Mandala Offering del 2023, un dittico attraversato dagli assi cartesiani di nord, sud, ovest e est, quelli stessi che diventano neon rossi che attraversano sguardo e tradizione, presente e passato.
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